in
Abruzzo
CELESTINO ABITO' QUI
(1°)
Abruzzo - Viaggio tra Religione e
Natura
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Il
sentiero per San Giovanni è una passeggiata verso il vuoto.
Lasciati alle spalle fiori e pascoli, ci si affaccia verso
l'Orfento. Qualche tornante sui prati ci porta in un bosco
fitto e ripido, che sembra invitare alla cautela. Seguono
dieci minuti di discesa veloce, poi il tracciato
s'interrompe di colpo sull'orlo di un salto di roccia. Per
scoprire il seguito ci vuole un po' di attenzione. Sull'orlo
della parete, tra un ciuffo d'erba e un ginepro, compaiono i
segni lasciati dagli scalpellini, molti secoli fa. Superata
la paura iniziale, la scalinata dei monaci si rivela
sufficiente per scendere. Una dopo l'altra, le tacche per le
mani e i piccoli gradini per i piedi portano alla base delle
rocce, dove il bosco ridiventa padrone. Ancora qualche passo
e l'eremo sembra materializzarsi dal nulla. Dietro a una
cortina di faggi, compare la grotta che ospitava i monaci,
dove sgorga una fresca sorgente. Più in basso, sul pendio
ormai rioccupato dal bosco, si distinguono appena i muri di
sostegno di microscopici appezzamenti coltivati. Resta da
visitare il piano nobile, e quella non è un' avventura per
tutti. Una scalinata incisa nella roccia porta alla parete
che sovrasta la caverna e lascia il posto a un ballatoio
lungo una quindicina di metri. Alla fine, per girare
l'angolo ed entrare nella grotta occorre strisciare su una
cengia larga mezzo metro e alta altrettanto. All'interno,
accolgono il visitatore un altare, dei ripostigli, un
complicato sistema di grondaie per portare l'acqua piovana
fin qui. Autentico nido d'aquila nell'angolo più selvaggio
del Parco, l'eremo di San Giovanni è il luogo migliore per
scoprire lo straordinario rapporto tra l'uomo della Maiella
e , le sue rocce. Qui visse a lungo, lontano dalle
tentazioni del mondo, Fra Pietro, un eremita del XII secolo
che fondò una piccola comunità dedita a conquistare nel nome
di Dio gli angoli più selvaggi del monte. Un giorno, non
conosciamo la data, se ne andò
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Qui
a sinistra:
un'immagine della statua lignea di San
Bartolomeo, portata in processione all'
eremo omonimo ogni anno, il 25 agosto.
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verso
luoghi di preghiera: l'eremo di Santo Spirito a Maiella,
aggrappato a un' altra vertiginosa parete, e quello di Sant'Onofrio
al Morrone, più accessibile ai pellegrini che arrivavano da
ogni parte dell'Appennino. Il 5 luglio 1294, a Perugia, Fra
Pietro fu eletto papa con il nome di Celestino V. Si stabilì
a Napoli, e qui regnò pochi mesi. Il 13 dicembre 1294, di
fronte a una platea di chierici e di cardinali attoniti,
rinunciò al trono di San Pietro per ritornare eremita tra le
rocce del Morrone. La pace cui aspirava, però, gli sarebbe
stata presto negata. Il suo successore, Bonifacio VIII, lo
fece catturare e rinchiudere nella fortezza ciociara di
Fumone, dove morì nel 1296. Qualche anno più tardi,
nell'Inferno, Dante bollò l'ex-papa come "colui che fece per
viltade il gran rifiuto". Un giudizio smentito nel 1313
dalla Chiesa, che fece di Fra Pietro da Morrone uno dei
santi più venerati dell' Abruzzo con il nome di San Pietro
Celestino. La
simbiosi tra uomo, fede e pietra è sempre stata chiara a chi
ha descritto la Maiella e l'Abruzzo. Petrarca citò il
massiccio come Domus Christi, la casa di Cristo. "Il
destino degli uomini nella regione che da circa otto secoli
viene chiamata Abruzzo è stato deciso principalmente dalle
montagne...", ha invece scritto nel 1948 Ignazio Silone,
abruzzese purosangue, nell'introduzione al volume Abruzzo
e Molise del Touring Club. "... gli Abruzzesi sono
rimasti stretti in una comunità di destino... il fattore
costante della loro esistenza è la natura". "Caverne, eremi
e chiese rupestri della Maiella raccontano una
storia lunga migliaia di anni.
Qui a destra:
interno della chiesa nell'eremo, tra i più
suggestivi della Maiella. Posto a 730 m di
altezza, è raggiungibile solo con un
sentiero piuttosto stretto, che si percorre
in circa venti minuti . |
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La
Grotta del Colle di Rapino o quella dei Piccioni a Bolognano
hanno restituito una ricca messe di reperti preistorici. A
Sant'Angelo in Vétuli e alla Madonna delle Rose, gli eremi
medievali coesistono con colonne e altre rovine romane. La
fede, qui, però, non è un ricordo del passato remoto. "Nei
luoghi più impervi della regione gli eremiti sono stati
presenti fino a pochi anni fa", spiega Alessandro Clementi,
professore di storia medievale all'Aquila. "Uno degli ultimi
eremiti della Maiella è stato Fra Nicola di Coccia, al
secolo Teodoro Paterra. Nacque a Palena agli inizi del
Novecento, visse da contadino, poi si ritirò in montagna
scendendo in paese solo per le feste religiose. Un giorno si
trasferì all' eremo della Madonna della Portella, presso
Rivisondoli, dove morì alla fine degli anni Sessanta",
racconta Edoardo Micati, scrittore e maestro di sci di
Pescara, autore di una puntigliosa ricerca sugli oltre 40
eremi della Maiella e del vicino Morrone. E ancora: prima
dell' alba di ogni 25 agosto, fedeli provenienti da
Roccamorice e dai paesi vicini raggiungono per antichi
sentieri l'eremo di San Bartolomeo di Legio. Qui si
disputano l'onore di portare a braccia, in processione, la
statua del santo che chiamano:
lu santarelle nostre.
Ma la devozione non si
ferma alle feste. In tutte le domeniche dell'anno, i
credenti salgono il sentiero per Sant'Onofrio al Morrone,
un altro degli eremi prediletti da Celestino. Altri si
affollano all'ingresso di San Bartolomeo, suonano la
campana, poi firmano in uno sdrucito quaderno sull'altare.
Impressiona scoprire, a pochi anni dal Duemila, che molte
firme sono semplici croci. Alcuni luoghi abitati da Fra
Pietro erano già venerati molto prima di Cristo.
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Il sentiero da
percorrere a piedi, per arrivare
all'eremo di San Bartolomeo |
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A Palombaro, nella grotta dove
poi è sorto l'eremo, il popolo italico dei Carecini venerava
Bona, dea della fertilità. L'aspersione delle mammelle con
l'acqua della sorgente poteva, e può ancora nella tradizione
della zona, rendere più abbondante il latte. Un culto
analogo aveva per teatro la Grotta del Colle, in territorio
di Rapino. Altrove invece, specie accanto alle sorgenti, si
venerava Ercole, il nume tutelare dei pastori. Alla Maiella,
l'eremitismo cristiano è arrivato dall'Oriente. Cacciati dai
persiani, i monaci egiziani e siriani migrarono in Grecia,
Puglia e Sicilia. L'invasione
araba di quest'ultima, nell'827, spinse molti religiosi in
Calabria. Di qui alla Maiella il passo fu breve. Secondo una
diffusa leggenda, i primi a insediarvisi furono i Sette
Santi Eremiti, provenienti dal monastero calabrese di Pesica.
continua>>>>>>
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